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A Parigi con Colette – Angelo Molica Franco

Perrone-Colette MC.jpgParigi. Da sempre la città dell’arte, degli artisti, la culla della cultura e della pittura. Dalla metà dell’Ottocento sino al Novecento è stata il ritrovo dei più Grandi, dagli americani Hemingway, Fitzgerald, Stein, agli italiani Modigliani, De Chirico, da tutto il mondo Parigi ha attratto come una calamita le menti più grandi di questi due secoli, diventando il loro ventre di produzione.

Ha cullato le grandi menti di scrittori, pittori, scultori, cinematografi, fotografi, poeti per dare loro vita e forma, tra le sue stradine e i suoi Cafè.

E in questo libro, tratto dalla collana Passaggi di dogana della Giulio Perrone Editore, Angelo Molica Franco, ci parla di lei, dei suoi più suggestivi ritrovi, dal Moulin Rouge, al cimitero di Pere-Lachaise, attraverso gli occhi della grande Colette.

Sidonie-Gabrielle Colette fu per Parigi un grande dono. Una donna dalla mille sfaccettature, molto più avanti degli anni in cui visse, sempre moderna, innovativa, intelligente e spigliata, ammaliò uomini e donne, fu sempre anticonformista e sfidò le restrizioni e le convinzioni dell’epoca.

E Franco attraverso la vita e gli scandali di questa poliedrica artista, segue la mappa parigina, scandendo le tappe più significative e mostrandoci la storia dell’una e dell’altra, riuscendo così ad appassionarci sia all’architettura che alla vita di questa scrittrice.

Dal suo arrivo a Parigi dalla Borgogna nel 1893 grazie al matrimonio con Henri Willars sino ai magnificenti funerali di Stato accordati per la prima volta ad una donna nel 1954, ripercorriamo la sua storia ma anche la Storia, quella di una città dalla grande forza che è riuscita a sopravvivere e a reinventarsi nonostante le calamità e le guerre.

Dal Salotto di Madame Arman, dove subito la nostra Colette si fa notare per la sua bellezza seducente e la sua lingua tagliente, dal Moulin Rouge, dove reciterà con la sua amante Missy, fino al Trocadero, al Cafè de Flore, al Salon Gouncort, avremo modo di ripercorrere la sua interessante vita, piena di colpi di scena. Svelarvela sarebbe come svelarvi tutta la magia di questo piccolo grande libro. Colette è un personaggio che va assaporato e scoperto pagina dopo pagina, dove con la sua forza e irriverenza vi farà sempre più venir voglia di saperne di più su di lei e leggere i suoi romanzi.

Sullo sfondo la bellissima e immortale Parigi, col suo fascino imperituro che da sempre ha ammaliato il mondo e ha attratto a sé le figure più significative di ogni Secolo (Nathalie Clifford Barney, Gertrude Stein, Marcel Proust, Maurice Ravel e molti altri).

Una lettura densa, affascinante e molto dettagliata su queste due grandi storie, che assolutamente consiglio se, come me, siete amanti del fascino parigino e dei suoi grandi artisti.

Parigi era la meta di tutti i sognatori, perché sebbene la Francia abbia metodi scientifici, macchinari ed elettricità, non ha la presunzione di credere che queste cose abbiano a che fare con le vere faccende della vita. E’ dunque per questo, e altri motivi, che Parigi fu il posto ideale per tutti coloro che avrebbero creato la letteratura e l’arte del XX secolo.


SCHEDA DEL LIBRO

Editore: Giulio Perrone
Pagine: 116
Prezzo: 4,99 euro in epub / 12,00 cartaceo

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Red Sparrow – Jason Matthews

20180314_100801.jpgDominika Egorova, è intelligente, scaltra, passionale e bella. In più ha una qualità nascosta, interpreta il mondo che la circonda come se fosse una tavolozza di colori dalle diverse sfumature. E’ affetta da sinestesia e tutto ciò che è associabile a suono, olfatto, tatto e vista le appare sotto forma di un determinato e significativo colore. Questo la rende speciale, capace di interpretare le intenzioni degli altri, la loro aurea e i loro pensieri.

Dominika è una promessa del balletto russo e vive imbevuta di ideali patriottici, ama il suo paese e la sua famiglia. Ma quando un incidente le stronca la carriera e suo padre muore, la sua vita prende una piega inaspettata, tanto da ritrovarsi invischiata in un gioco pericoloso. Suo zio, vicepresidente dell’SVR (servizi segreti russi) vede in lei una perfetta candidata per diventare una “sparrow”, ovvero agenti che grazie all’arma della seduzione carpiscono segreti dai loro obiettivi.

Parallelamente ci vengono descritte anche le vicende di Nate Nash, un agente della CIA con un potentissimo informatore nell’SVR. Proprio per salvarlo Nate commetterà una serie di errori e la sua carriera verrà stravolta. E per scoprire la vera identità di questo contatto l’SVR invierà proprio la sua più bella e letale sparrow, Dominika. Così il destino dei due si intreccerà in una spirale fatta di doppio gioco, inganni, passione, violenza e tradimenti.

L’atmosfera che traspare dalle pagine del libro è quella di una guerra fredda mai finita, ma proseguita in segreto fra le due super potenze, in una corsa a chi è più forte. E chi meglio dell’autore del romanzo, Jason Matthews, può saperlo. Lui stesso ex agente della CIA ha militato per trentatré anni sul campo, reclutando spie in tutto il mondo.
Chi è del mestiere, sa qual è il campo in cui operare. Le descrizioni di Matthews su vari particolari legati ad addestramento o ancora ad inseguimenti o alla forma mentis dell’agente possono essere minuziosamente riportate su carta solo da chi ha vissuto tutto questo sulla propria pelle. La pressione, il sangue che ribolle, ma allo stesso tempo la lucidità che accompagna chi è sul campo è qualcosa di unico, impossibile da poter comprendere a pieno se si è dei semplici civili.

Matthews inoltre delinea molto bene i suoi personaggi. Non si tratta solo di Dominika o di Nate, anche quelli secondari, hanno un loro ruolo nel lungo filo della trama e sono ben descritti e approfonditi.
I protagonisti poi appaiono come due lati opposti di una stessa medaglia, lei fredda e imperturbabile, lui istintivo e più ribelle, ma come avremo modo di scoprire in questa lettura avvincente ed appassionante, ciò che traspare potrebbe voler significare in realtà tutto il contrario. Dominika ha dentro di sé un fuoco d’ira e di ribellione e Nate è più furbo e calcolatore di quanto mostri.

L’attenzione ai dettagli, personaggi ben studiati, una storia che non lascia scampo, Red Sparrow è un romanzo implacabile che va letto tutto d’un fiato. La sua grande mole (500 pagine) non pesa per nulla sulla lettura, proprio perché ogni capitolo, ogni mossa è ben congeniata, in un gioco di spionaggio ad alto rischio.

Piccola chicca: ricette a ogni fine capitolo. Matthews ci regala così un piccolo ricettario da poter mettere in pratica per sentirci più vicini ai nostri personaggi. Un’altra prova della sua attenzione ai particolari.

Red Sparrow è stato anche tradotto di recente in un film, diretto da Francis Lawrence, con Jennifer Lawrence, Joel Edgerton e Jeremy Irons. Film che a mio parere non rispecchia molto il libro. Certo la trama è stata rivoluzionata, in virtù del fatto che una sceneggiatura debba avere una costruzione in tre atti che un libro spesso non ha. Per non parlare di colpi di scena e tensione nei finali d’atto. Ma in alcuni punti la pellicola appare lenta, come se mancasse qualcosa.
Senza dirvi troppo del film, una grave mancanza che ho riscontrato è stato l’escludere la peculiarità di Dominika. Non una parola sulla sua sinestesia che è inesistente. Un personaggio che sulla carta si basa sui colori e ne è guidata, come si può far muovere in un universo che ne è privo? Si va a perdere quella specificità che la rendeva unica e ancor più affascinante.

Nonostante ciò però la Lawrence ha incarnato una perfetta Dominika, molto simile a colei che immaginavo mentre leggevo. Diverso invece me lo aspettavo Nate, nel libro è un ragazzo di ventisette anni, nel film un uomo.
Molto interessante è Matthias Schoenaerts, molto somigliante allo stesso Putin e molto credibile nella parte dello zio di Dominika, assetato di potere.

Insomma questo è uno di quei casi in cui il libro è meglio costruito rispetto al film. Ma che comunque consiglio di approfondire per poter notare le differenze e farsi un’idea delle differenze che devono necessariamente intercorrere tra pagine e scene di un film.

Red Sparrow (che è il primo di una trilogia) è un romanzo carico d’azione, di approfondimento, di potere. Ci viene svelato un mondo che è dietro la facciata delle due nazioni più potenti del pianeta. Un mondo che è interconnesso tra un filo sottilissimo, pronto a spezzarsi alla prima crisi. E ci fa riflettere su quello che è il gioco che è messo in atto realmente fra gli stati. Ciò che è nascosto a noi semplici cittadini, ingurgitati dalla rete e dai media. Fra le schiere della CIA e dell’SVR si combatte ancora quella guerra iniziata nel ventesimo secolo. E Matthews ci apre una porta interessante.

Un romanzo quindi per saperne di più, ma allo stesso tempo per potersi immergere in un’altra vita fatta di spie e segreti dal ritmo implacabile. Che state aspettando?


SCHEDA DEL LIBRO

Editore: De Agostini
Traduttore: Luca Fusari
Pagine: 506
Prezzo: 18,00€

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10 libri per tutti da regalare a Natale

In occasione del super imminente Natale 2017, noi di Leggendo a Bari vorremmo consigliarvi 10 titoli da regalare ad un amico lettore e non. 10 romanzi che, secondo noi, sarà impossibile non amare!

1. L’Avversario – Emmanuel Carrère

librocarrereQuesto libro mi ha folgorata. L’avversario di Carrère è un libro agghiacciante, una storia vivida che lascia un segno profondo. “Il 9 gennaio 1993 Jean-Claude Romand ha ucciso la moglie, i figli e i genitori, poi ha tentato di suicidarsi, ma invano. L’inchiesta ha rivelato che non era affatto un medico come sosteneva e, cosa ancor più difficile da credere, che non era nient’altro. Da diciott’anni mentiva, e quella menzogna non nascondeva assolutamente nulla. Sul punto di essere scoperto, ha preferito sopprimere le persone il cui sguardo non sarebbe riuscito a sopportare.” (ibs.it)
Emmanuel Carrère disegna per noi i tratti enigmatici di questo personaggio che, a sangue freddo, ha deciso di sterminare i suoi cari. L’autore, che ha incontrato egli stesso Jean-Claude Romand, descrive la sua personalità in ogni sfaccettatura con un’abilità disarmante. L’avversaio è una storia sconvolgente, con un protagonista pregno di duplicità e Carrère dipinge per noi l’uomo e l’assassino in una modo che lascia senza fiato. Se volessi fare un regalo eccezionale, beh, regalerei questo libro.   (Patrizia)
Prezzo: 17 €

2. Omero, Iliade – Alessandro Baricco

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Chi mi conosce sa che amo Alessandro Baricco e che adoro i suoi romanzi. Tutti conoscono i poemi omerici e le storie e avventure degli eroi greci e troiani: Achille, Ulisse, Ettore, Paride. Questa è una trascrizione in chiave letteraria dell’Iliade, raccontata dal punto di vista dei singoli personaggi che si alternano nella narrazione. Non ci sono gli dei, ma solo coloro che la guerra l’hanno combattuta e vissuta: abbiamo la voce di Cassandra, di Briseide e di tanti altri. E’ un concertato che rinnova ciò che abbiamo imparato sui banchi di scuola. Consigliato agli amanti dell’epica ma anche per un regalo ad un giovane ragazzo, per smontare la percezione scolastica. (Lydia)
Prezzo: 8,50 €

3. L’amore che mi resta – Michela Marzano

arton146672Daria è una donna che si trova, improvvisamente, a lottare cosa un qualcosa di enorme: il dolore che può provocare la perdita di un figlio. Dolore ancora più grande quando si capisce che si è trattato di suicidio. Perché Giada, figlia adottiva di Daria e Andrea, ha deciso proprio di suicidarsi. Ed è da questa orribile vicenda che si dipana questo romanzo: quasi un diario, un lungo flusso di coscienza che ripercorre un sentiero fatto di buio e di dolore che Daria dovrà necessariamente percorrere per ritornare a vivere.
Un romanzo lacerante ma anche immensamente dolce che lascerà al lettore un retrogusto dolce-amaro e tanto a cui pensare. (Daniela)
Prezzo:17,50 €

4. Che la festa cominci – Niccolò Ammaniti

ammanitiArriva Natale e per tutti coloro che decidono di regalare libri (ottima scelta!) gli interrogativi sono tanti. In linea di massima il mio consiglio è quello di buttarsi su delle letture che abbiano uno stile scorrevole e una trama originale: un mago in questo senso è senza dubbio Ammaniti. Le sue storie sono sempre a metà strada tra il buffo ed il grottesco, alcuni passaggi fanno persino accapponare la pelle, altri ridere come non mai… ce n’è per tutti i gusti! Tra tutti i suoi romanzi mi sento di consigliarvi Che la festa cominci, un romanzo corale, affresco di vizi e virtù della nostra epoca dove una serie di bizzarri personaggi intrecciano casualmente i propri destini per dare vita ad una storia strampalata e divertente. Si parla di una grande festa mondana nel cuore di Roma, una setta satanica dai bizzarri adepti e uno scrittore sulla via del fallimento… insomma, i presupposti per un ottimo libro ci sono tutti! Assolutamente consigliato. (Giulia)
Prezzo: 14 €

5. Le otto montagne- Paolo Cognetti

Questo è il libro dell’anno. La storia narrata è quella dell’amicizia fra due uomini Pietro e Bruno; un rapporto fatto di silenzi, conversazioni incomplete e frasi sospese.
La montagna sarà la grande protagonista del racconto, fornendo lo sfondo perfetto per la descrizione di un ,modo fatto di sacrifici, solitudine e introspezione. Il rapporto padre/figlio poi, sarà un altro tema sviluppato con estrema delicatezza e troverà spazio anche lo scontro fra generazioni e modi di vedere il mondo tanto distanti, quanto complementari. Vincitore dell’ultimo Premio Strega, è il regalo perfetto per animi sensibili e sognatori che apprezzeranno senz’altro lo stile preciso ed evocativo di Cognetti. (Nicole)
Prezzo: 18,50 €

6. Cyrano de Bergarac – Edmond Rostand

oTruW7n6cCry_s4-mChi conosce i miei gusti letterari sa benissimo quanto io ami i classici di ogni epoca e quanto io vada alla ricerca di opere che mettano in moto un processo introspettivo mente-cuore, bandendo in assoluto il banale happy ending. Cyrano de Bergerac di Edmond Rostand è tutto questo e molto altro.
Sottile è la linea che separa il tragico dal comico in questa piccola grande opera di Edmond Rostand. Se l’elogio del naso vi farà ridere di gusto, le malinconiche riflessioni di Cyrano vi renderanno, battuta dopo battuta, vicini al suo “umano sentire”. L’ironia, mai fine a se stessa, addolcisce l’amarezza dell’amore non ricambiato per la bella cugina Rossana. Quest’ultima, però, confessa a Cyrano di essere follemente innamorata del valoroso e avvenente Cristiano. Ed è proprio questa situazione a mettere in moto l’azione teatrale: Cristiano sarà la “maschera” che pronuncerà in presenza di Rossana le bellissime parole, piene di sentimento, suggerite dall’abile Cyrano. I due uomini sono complementari, sono l’uno la parte mancante dell’altro: la bellezza estetica incontra la bellezza della parola, la forma incontra la poesia.
Amore e amicizia, i due temi attorno ai quali gira tutta l’opera, si intersecano formando un ordito aureo. La verità dell’amore, quello puro, sincero, incondizionato, resistente anche alla guerra, sarà la cifra di Cyrano e dell’opera tutta.
La meraviglia della scrittura di Rostand consiste nella capacità di permettere al lettore – pagina dopo pagina – di far proprie le inquietudini, i sentimenti e le riflessioni dei personaggi, giungendo dal particolare all’universale. La maschera di Cristiano/ Cyrano cade e con questa la pretesa di circoscrivere i personaggi alla pagina scritta: vi è infatti il rispecchiamento totale tra il lettore e il personaggio. (Marika)
Prezzo: 9,50 €

7. Follia per sette clan – Philip K. Dick

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Dalla penna peculiare di Philip K. Dick, famoso scrittore di fantascienza, questo libro rappresenta un connubio tra finzione e amaro realismo. La visione dei disturbi mentali, di stampo più arcaico, non intacca, però, i significati morali che l’autore vuole mandare.  I temi trattati sono quelli dell’inettitudine, del confine tra malattia e normalità, della visione della donna e della passione, evidenziando un dualismo tra amore e promiscuità.
Il romanzo sembra un viaggio onirico nella psiche non solo del protagonista, ma dello scrittore stesso, il tutto condito da un intreccio pieno di enigmi e colpi di scena, umorismo, creature bizzarre e tanta riflessione. Una lettura sempre attuale. (Sabry)
Prezzo: 9,90 €

8. La straniera – Diana Gabaldon

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Il libro che mi sento di consigliarvi da regalare per Natale, è un romanzo che io stessa ho letto (o meglio divorato) in questi giorni natalizi. Si tratta del primo libro della serie “Outlander”, La Straniera, uno dei libri più avvincenti e appassionanti che mi sia capitato di leggere ultimamente. Narra la vicenda fuori dall’ordinario di una ex infermiera militare, Claire Beauchamp, la quale, in visita ad un antico cerchio di pietre in Scozia, dove si trova in vacanza, viene inspiegabilmente trasportata indietro nel tempo, nella Scozia del 1743. Claire si ritroverà ad affrontare un mondo completamente nuovo, abitato da uomini e donne con abitudini lontanissime dalle sue. In questo mondo sconosciuto, incontrerà un giovane guerriero scozzese, Jamie Fraser, al quale si troverà legata da un amore inaspettato e intenso. La guerra di ribellione tra i clan delle Highlands scozzesi contro gli invasori inglesi, fa da sfondo e si intreccia alla storia dei due protagonisti. Dunque, un romanzo storico, impreziosito da una storia d’amore e passione che vi terrà con il naso incollato alle pagine per tutto il periodo natalizio! (Polly)
Prezzo: 12 €

9. Il Cerchio – Dave Eggers

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Se vi piacciono i distopici, o se non vi piacciono (provateci, dai!) io vi consiglio Il Cerchio di Dave Eggers. Il Cerchio è una grandissima società che non ha concorrenza. È potente, innovativa, all’avanguardia. Avere un posto al Cerchio, significa diventare parte di un enorme meccanismo che detiene “il potere” di tutto o quasi. Mae Holland, dopo un lavoro sconclusionato e decisamente poco appagante, riesce ad ottenerlo. Cosa c’è all’interno della società che ha concepito un nuovo modo di gestire le informazioni di tutti e dove la privacy sembra un reato? Come funzionano i suoi ingranaggi? Se volete addentravi all’interno di una lettura interessante e attualissima, questo libro fa al caso vostro. In questo romanzo potrebbe esserci la realtà. Forse un futuro prossimo? Non lo so. Ma gli spunti di riflessione saranno tanti e automatici, naturali. Una lettura appassionante davvero adatta a tutti. Straconsigliato! (Patrizia)
Prezzo: 14,50 €

10. Festa Mobile – Ernest Hemingway

downloadSe vi è capitato di guardare il film di Woody Allen, Midnight in Paris e innamorarvene perdutamente e sognare di poter conoscere tutti i più grandi artisti del primo 900, questo è il libro giusto per voi. Ernest Hemingway con la sua prosa unica, racconta la città più amata dallo scrittore, la Parigi degli anni Venti. Il posto più bello per lavorare, dove era “povero ma felice”. Tra feste, bevute, corse di cavalli, passeggiate per la Rive Gauche, visite alla libreria Shakespeare e Company sarete immersi in un’atmosfera di libertà, vita e fervore. Hemingway si muoverà tra i più grandi intellettuali, da Ford Maddox Ford, a Getrude Stein, a Ezra Pound, James Joyce e Francis Scott Fitgerald. Un inno al passato, un’opera d’addio che celebra la vita parigina come una splendida giornata di festa.
(Ilaria)
Prezzo: 10 €


Autrici: dolcedany84ilariamoruso, patriziaHeathcliff, maribooklover93sabrinaguaragnopollyy91

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Intervista all’autore Luca Buggio

LucaBuggio-225x300.jpgLettori, qui di seguito trovate l’ intervista a Luca Buggio, autore di “La città delle streghe”, edito da La corte editore. Vi avevamo già parlato di questo splendido romanzo (trovate la recensione qui) ambientato nella Torino magica di inizi Settecento, ricco di atmosfere oniriche e misteriose. Ora vi portiamo con noi in una chiacchierata con l’autore che ci svela dei retroscena interessanti. Buona lettura!

“La città delle streghe” è ambientato nella Torino dei Savoia dell’inizio del Settecento. Vediamo muoversi la Storia in contemporanea con i protagonisti, una parte di Storia che solitamente non viene citata molto in libri o altro. Come mai la scelta di questi anni in particolare?

Il plot e i protagonisti erano nella mia testa da parecchio tempo, ma non riuscivo a decidere quando e dove collocarli. Nel 2006, durante le celebrazioni del Tricentenario dell’Assedio di Torino, andai a sentire una conferenza per sapere qualcosa di più di un momento della storia della mia città su cui mi sentivo molto ignorante. Ne fui folgorato. Iniziai a frequentare biblioteche e librerie, immergendomi nelle vicende e nella vita della Torino di inizio settecento, e man mano che studiavo prendeva corpo la certezza di aver trovato il tempo e il luogo della mia storia, entrambi straordinari. Si tratta di un’epoca di transito dalla forte religiosità e superstizione del Seicento alla razionalità dell’Illuminismo, e di un posto che sin dalle sue origini si porta dietro la fama di “città magica”.

Nel libro abbiamo la possibilità di seguire parallelamente due protagonisti, Augusto e Laura, i quali però si sfioreranno soltanto senza mai entrare in contatto durante tutta la storia. E’ una scelta insolita ma molto affascinante ed audace, come sei arrivato ad intraprenderla e per quale motivo?

Sin dall’inizio volevo fare in modo che la protagonista della storia fosse proprio “la città delle streghe”, ossia Torino con i suoi misteri, i suoi drammi e i suoi mostri in carne e ossa. In più mi piaceva l’idea di creare un legame istintivo, quasi viscerale tra i due personaggi principali, ma senza darmi l’obiettivo di farli incontrare a tutti i costi. Come spesso mi capita, man mano che scrivo i personaggi “prendono vita” e sembra quasi che siano loro a decidere cosa fare. Laura e Gustìn hanno fatto le loro scelte e la storia si è conclusa senza che si fossero incontrati. Questa scelta mi piaceva e spaventava al tempo stesso. Mi affascinava il pensiero di far affezionare un lettore a entrambi i personaggi in quanto se stessi, di farlo sentire soddisfatto per la conclusione della vicenda ma al tempo stesso desideroso di saperne qualcosa di più, e di immaginare cosa succederebbe tra due persone così diverse se un giorno si dovessero incontrare.

Altro punto forte del romanzo è la stregoneria e tutto il mondo legato alle superstizioni. C’è un motivo in particolare che ti ha spinto ad avvicinarti a questo tema e a sceglierlo come colonna portante del tuo scritto?

Per molti anni ho vissuto ad Avigliana. Da una finestra di casa si vede la Sacra di San Michele, da un’altra il Montecuneo che ancora oggi, in certi giorni d’autunno, sembra avvolto da una cappa impenetrabile di nebbia e mistero. I miei nonni mi raccontavano le storie delle masche che di notte spaventavano le bestie nelle stalle. Quand’ero bambino, per andare a scuola, passavo davanti a una casa malconcia e sempre chiusa che nelle mie fantasie era abitata da una strega. Il tema della magia correlata a una certa dimensione rurale e contadina è parte dei miei ricordi, e mi piace averne cura.

Sappiamo che l’unico personaggio realmente esistito della storia è il Conte Gropello, di cui, scrive, è stato difficile reperire informazioni. Come mai la scelta di questo personaggio così controverso e quale è stata la tua ricerca?

Gropello ha avuto un ruolo importante nella storia di Torino: durante gli anni difficili della guerra di Successione Spagnola, non era solo il ministro delle finanze, ma una specie di factotum che godeva di grande stima da parte del Duca di Savoia. A differenza di tante altre personalità dell’epoca, è caduto nel dimenticatoio, così che non è così facile reperire informazioni su di lui. Ad attirare la mia attenzione è stato scoprire che è plausibile che, tra le altre cose, Gropello si occupasse di spionaggio… anche in prima persona!

Eravamo curiosi di conoscere quali fossero le tue abitudini di scrittore. Segui particolari riti o hai una stanza tutta per te nella quale ti dedichi al tuo lavoro?

Divido il mio “lavoro” in varie fasi. Documentazione e studio, pianificazione e costruzione della trama e dei personaggi, scrittura vera e propria. Le fasi non sono in sequenza, ma procedono più o meno contemporaneamente: scrivere mi aiuta a capire cosa devo approfondire nell’ambientazione, cosa non funziona nel plot, cosa non mi convince dei protagonisti. Studiare mi dà nuove idee di luoghi e scene. Per costruire i miei protagonisti mi avvalgo di quanto imparato praticando un’altra grande passione, il teatro: su ciascun personaggio faccio uno studio come se dovessi portarlo in scena e recitarlo. I manuali studiati e i corsi frequentati come attore mi sono di incomparabile aiuto.
Scrivo la sera, nel weekend o quando sono in vacanza. Non ho un luogo preferito dove scrivere, ma non vado mai in giro senza un block notes su cui appuntarmi le idee. E cerco sempre di avere musica di sottofondo. Quella è un’immensa fonte di ispirazione.

Una piccola curiosità da lettrice. Quali sono i libri della tua vita e quali gli scrittori che hanno segnato maggiormente il tuo cammino da lettore e da scrittore?

L’elenco è lungo. I miei primi amori sono stati i romanzi di Salgari, poi i poemi omerici. Da ragazzo ho scoperto “i miserabili” di Victor Hugo e “il Conte di Montecristo” di Alexandre Dumas: sono i libri che porterei sulla classica isola deserta, e a cui devo dire grazie perché credo abbiano stimolato quelli che poi sono diventati tratti distintivi della mia personalità. Edmond Dantès mi ha insegnato a non arrendermi mai e a portare a termine ciò che inizio, da Jean Valjant ho imparato il valore della compassione, del perdono, del prendermi cura delle persone che soffrono. Altri miei “miti” letterari sono Shakespeare e Pirandello, Herman Hesse, Thomas Mann. Tra i contemporanei senza dubbio Stephen King, ma anche Joe Landsdale e Carlos Zafòn. Il mio editore, facendomi uno dei più bei complimenti che entrambi potessimo immaginare, mi disse che il mio modo di scrivere gli ricordava quello dell’autore dell’Ombra del Vento.

Oltre ai lavori già pubblicati, puoi rivelarci se hai in mente qualche nuova storia o la stai già scrivendo?

Posso solo dire che so bene di avere lasciato i lettori della Città delle Streghe con la bocca un po’ asciutta, sia per quanto riguarda i misteri lasciati irrisolti, che per l’incontro non avvenuto tra Gustìn e Laura. Intendo farmi perdonare.

Prima di chiudere l’intervista, un’ultima domanda che poniamo a tutti gli scrittori che abbiamo il piacere di intervistare. In quanto blog nato da un gruppo di lettura, cosa ne pensa di questa realtà?

Uno scrittore non esiste senza qualcuno che lo legge. Prima che autore sono lettore, e trovo meravigliosa la possibilità di confrontarmi con altri lettori, commentare insieme libri che mi sono piaciuti o non mi sono piaciuti, scoprirne di nuovi. Per molto tempo sono stato iscritto su Anobii prendendomi l’impegno di recensire tutto quello che leggevo. Dalle recensioni di altri sono stato convinto a comprare libri che magari a prima vista non mi ispiravano, o al contrario di evitarne altri che avrei comprato a occhi chiusi. La possibilità di confrontarsi nei gruppi di lettura è ancora più fondamentale come autore: lo scambio con i blog aiuta a farsi conoscere, ma anche a ottenere preziosissimi feedback. Grazie quindi per avermi concesso questa opportunità!

Luca Buggio è nato a Torino, dove vive e lavora. Laureato in Ingegneria, è anche scrittore, regista e attore teatrale. Ha esordito nel 2009 con La danza delle Marionette. Con La Città delle Streghe, primo romanzo per LA CORTE EDITORE, ci trasporta nella Torino del 1700, in un’atmosfera che sconfina tra il gotico e il thriller, facendocela vivere in tutta la sua magia (link per acquistare il volume).

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La città delle streghe di Luca Buggio

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La città delle streghe di Luca Buggio può essere definito un romanzo storico ed un thriller allo stesso tempo. Passato, storia, magia, superstizioni, misteri si alternano in questo libro che tiene incollati sino all’ultima pagina.

La storia infatti è ambientata tra Seicento e Settecento nella Torino dei Savoia e vede dividersi il racconto lungo due linee diverse, da una parte Laura Chevalier, figliastra di un profumiere di Nizza, costretta a trasferirsi per l’imminente guerra, dall’altra le vicende dello scapestrato Augusto Graziadei, detto Gustin, orfano elevatosi di grado grazie all’offerta di lavorare per il Conte Gropello, molto vicino al Duca.

Di sfondo una Torino durante la lotta tra il Ducato e la Francia del Re Sole, una città bellissima ed affascinante, portatrice di misteri e segreti legati al culto del Diavolo e della stregoneria.

Punto forte e sicuramente particolare del libro è l’idea di far soltanto sfiorare i due protagonisti, senza farli mai interagire fra di loro. Questo comporta una sorta di straniamento che però nell’economia del racconto si sposa bene per districare la storia e portarla verso il finale. Uno stratagemma nuovo, gestito bene da Buggio che riesce a trasporre le due voci senza mai mandarle in contrasto o farle stonare.

Laura così candida e gentile, ma allo stesso tempo portatrice di una grande forza, Augusto così razionale e dedito al suo lavoro presso il Conte. Due personaggi diversi eppure legati da un filo sottile.
I due, infatti, si districheranno tra la Torino dei Savoia e la orrende sparizioni perpetrate dal famigerato Uomo del Crocicchio, considerato, appunto, il Diavolo.

Ma Gustin e Laura non sono gli unici a spiccare. Torino stessa può essere definita un personaggio importante del romanzo. Grazie a Buggio scopriamo le sue vie, i suoi mercati, i suoi abitanti, la sua Storia. Una Torino nuova e sorprendente che cattura il lettore tanto quanto i due protagonisti nelle loro storie parallele. Una Torino di cui pian piano cominciamo a conoscere i segreti più bui e quelli legati alla Grande Storia di quella che sarà l’Italia. Lo scrittore, inoltre, all’inizio di ogni macro capitolo del libro riporta varie parti che riguardano la città e le sue vicende prese da diversi eruditi dell’epoca.

Inoltre troviamo una miriade di variegati personaggi che costellano i capitoli nell’avvicendarsi della storia. Il padre di Laura, sua madre, i briganti, donne fascinose e misteriose come Anna e uomini di potere senza scrupoli come il Conte Gropello, di cui Buggio riesce a far arrivare sin sotto la pelle la sua crudeltà e freddezza spietate.

Di Città delle streghe, non solo colpisce la precisione e la minuziosità dei dettagli storici e dei suoi personaggi, ma anche il tema della magia. Il condizionamento psichico, l’ignoranza dei contadini hanno incrementato la creazione di grandi storie e leggende che ancora oggi è possibile trovare. Interessante infatti le opinioni divergenti tra Graziadei e il resto del popolo (persino di alcuni più acculturati come il Conte) così pregno di timore verso qualsiasi mistero, il dibattito fra la presunta o meno esistenza di qualche forza superiore capace di maledire chi gli sbarra la strada. Infatti Augusto è un uomo legato alla ragione e, dopo ciò che ha vissuto, si rifiuta categoricamente di credere a qualsiasi forma di superstizione. Ma grazie all’autore, il lettore si trova costretto a fare i conti anche con l’altra faccia della medaglia. A chi veramente si può credere? E’ tutto frutto delle dicerie accresciute negli anni o di qualcosa di sinistro che si impadronisce della notte?

Augusto dovrà scontrarsi con la sua salda convinzione mentre Laura sarà portatrice di una diversa prospettiva.

L’alone di mistero e di immediato pericolo pervaderà il volume a macchia d’olio e ci accompagnerà lentamente verso l’inesorabile epilogo.
Un epilogo che nasconde un grande mistero e colpo di scena.

Ma Augusto e Laura non saranno più gli stessi alla fine della storia. Torino, le sue avversità, i suoi intrighi, cambieranno le loro vite, in un percorso che porterà a maggiore consapevolezza e maggior forza.

Luca Buggio ci regala un libro da leggere con passione e curiosità, assolutamente da non perdere.
E attenti a non avventurarvi troppo di notte! I pericoli sono sempre in agguato!


SCHEDA DEL LIBRO:

Editore: La Corte Editore

Pagine: 392

Prezzo: 16,90

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Narcolexia di Enzo Cristofori

Spesso affrontiamo la nostra vita “andando avanti”, lasciandoci sopraffare dagli eventi e trascinandoci di giorno in giorno senza uno scopo. Spesso è la vita stessa a portarci a questo punto o molte volte siamo noi a non avere la forza per proseguire.

WhatsApp Image 2017-10-30 at 09.38.47Narcolexia di Enzo Cristofori edito da Lettere Animate Editore, ci dà la possibilità di rifletterci su. La protagonista di questo thriller psicologico è Alice, una ragazza di 21 anni affetta da narcolessia. Alice vive la sua vita lottando costantemente con il sonno e con ciò che comporta avere un tale disturbo, con la diversità e la precarietà. Contemporaneamente alla sua storia, abbiamo modo di seguire le vicende di Morfeo, un serial killer alla ricerca della donna perfetta che possa dormire al suo fianco.

Vediamo quindi da una parte una lotta per sopravvivere e restare “svegli” e dall’altra una per dormire. Cristofori porta a chiederci se sia davvero giusto lasciar perdere quella vita che tanto ci maltratta e cercare riparo nel sonno, così delicato, leggero, soave e felice. Il sonno rende liberi, la vita spesso no.

E ci lascia con questo interrogativo per tutto il suo libro, accompagnandoci nella mente di Alice che spinge per trovare un proprio posto nel mondo e prendere in mano la sua malattia e gestirla. E in quella di Morfeo, un killer brillante, unico, molto interessante che ha una sua personale filosofia di vita.

Ci troviamo di fronte ad un libro che ci lascia col fiato sospeso, che riesce a mantenere quella suspence adrenalinica tipica di ogni thriller. Ma allo stesso tempo abbiamo modo di farci le giuste domande e di affrontare temi importanti, come quello della lotta per la vita.
La resistenza, la voglia di vivere, contro l’oblio.

Inoltre, Cristofori analizza con un certo tatto, la condizione della malattia, della diversità, del disturbo. Ci prende per mano in questo percorso, quello di Alice e di Morfeo, e ci dà la possibilità di comprendere cosa significhi realmente vivere in una condizione così difficile, cosa significhi avere una patologia.

Con una scrittura semplice ma fluida ed attenta, l’autore crea un ottimo thriller, di spessore e con un finale soddisfacente .

Unica pecca, la copertina del libro che, a parer mio, non era del tutto necessaria e una mancanza di revisione per colmare qualche distrazione nel testo.

Ma Narcolexia resta un libro affascinante, un piccolo percorso per interrogarci sulla vita, sulla sua forza, sulla malattia, sulla diversità, sulla sopraffazione e sulla lotta. Assolutamente consigliato!


SCHEDA DEL LIBRO:

EDITORE:  Lettere Animate
PAGINE: 178
PREZZO: 14, 00 euro

 

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Presentazione de Le notti blu di Chiara Marchelli

Il 17 giugno alla libreria Culture Club di Mola di Bari, Ilaria Amoruso e Nicole Zoi Gatto assieme alla giornalista Annamaria Minunno, hanno avuto il piacere di presentare Chiara Marchelli e il suo libro Le notti blu edito dalla Giulio Perrone editore.

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Di seguito vi riportiamo le domande e le risposte più salienti venute fuori dall’interessante conversazione con l’autrice.  (Per la recensione, la trama e saperne di più, qui )

Si può notare come lei abbia deciso di collegare ai ricordi, odori ben precisi e a loro modo forti e presenti nella mente dei protagonisti, come le acciughe all’inizio del libro o il latte e miele delle notti insonni di Mirko.
Come mai questa scelta?

Il libro comincia con un odore, e molto spesso i nostri ricordi sono legati a un odore, perché siamo fatti così, la memoria funziona in questo modo. La vita, la letteratura è fatta di pensieri e ricordi, di quello che sentiamo, proviamo, delle emozioni ma anche delle parole. Insomma siamo fatti a 360 gradi, siamo dei sistemi che pensano, mangiano, dormono, e ciò che cerco, quello che secondo me è la letteratura a cui io aspiro e ciò che la scrittura dovrebbe fare è restituire la vita così com’è. Per ciò non soltanto i pensieri, le emozioni, i nostri voli pindarici su quanto la vita possa avere valore e perché tanto è già stato scritto meglio di chiunque possa farlo oggi, mille anni fa, tanto vale gettare la spugna. Ma quello che ci possiamo fare è fare la nostra parte, è fare il nostro tentativo. E la vita per come la vedo io quando si scrive non bisogna descriverla; l’attenzione al linguaggio che ho dovuto e voluto porre per non scadere subito nel sentimentalismo affrontando un tema di questo tipo. E la vita va mostrata quando si scrive non va descritta, non va definita. Non credo che sia necessario raccontare per filo e per segno come è fatto un tavolino, per esempio. Si può benissimo dire che ha tre gambe ed è tondo e poi la vostra immaginazione fa il resto e così come lascio spazio all’immaginazione raccontando le cose, vorrei offrire un quadro più completo possibile di quello che succede in quel momento perché mi piace pensare che leggendo una pagina ci sia quello che esattamente succede, lo svolgersi della storia e di tutto quello che implica e quindi anche il vivere. Poi il fatto che le acciughe in questo contesto siano collegate a qualcosa di negativo e quello del latte e miele a qualcosa di positivo è contestualizzato alla situazione, nel senso che Michele stava mangiando le acciughe quando è successo e il figlio si è ucciso, ma poteva essere qualsiasi altra cosa, non c’è un’intenzione, è che le cose succedono anche in questo modo e molto spesso, appunto, per come funziona la memoria ogni volta che senti un odore vai allo stesso ricordo.

Lo stile del romanzo è chirurgico, asettico. Ma proprio per questo fa arrivare ancor più forte il dolore, il disagio, il grido della disperazione di Michele e Larissa, come mai ha scelto di raccontare così il dolore? Ed inoltre perché proprio soffermarsi sulla teoria dei giochi di Nash? 

Sempre da quando scrivo sono alla ricerca dello stile. Come facciamo tutti, un pittore cerca il suo modo di dipingere, chi canta la sua voce ecc e quindi è un percorso iniziato prestissimo, perché ho iniziato a scrivere prestissimo. Ho provato varie cose però piano piano già da parecchio tempo mi sono diretta su questo stile più essenziale possibile, anche perché prediligo in generale scritture così. La ricerca linguistica è sempre stata vigilata, per quanto mi riguarda, ma in questo caso a maggior ragione proprio il tema,  l’argomento era talmente delicato e il rischio talmente grosso che sbagliando una parola, mettendo un aggettivo di troppo si sarebbe rovinato tutto. Si rovina l’intento, l’impegno, si manca di rispetto. Affrontando un argomento di questo tipo io credo che si debba stare doppiamente attenti perché appunto basta un niente e si finisce nello sciacallaggio sentimentale che è una cosa che io volevo assolutamente evitare. Quindi con rigore ho scritto e poi riscritto, e poi fatto le revisioni fino a che addirittura talvolta quello che scrivevo era incomprensibile a me stessa perché ho tagliato talmente tanto che non capivo più cosa c’era scritto. Per cui ho dovuto fare il percorso inverso però avevo sempre in mente questo dictat che era il rispetto ma non il rispetto del dolore proprio perché il compito della letteratura è quello di indagare sui sentimenti, di rivoltare le cose di entrare dentro il dolore e cercare di esplorarlo per tentare di distillare la vita, sennò la letteratura non serve a niente. Antonio Tabucchi, Giorgio van Straten molto prima di noi dicevano che la letteratura non deve essere consolatoria, non deve servire a farci star bene, la letteratura dovrebbe aiutarci a farci pensare nel peggiore dei casi e a farci star male nel migliore dei casi, poi è anche un luogo dove si trova la cura perché lì c’è già tutto. Quindi per me era necessario evitare di sporcare la storia, la forma di rispetto era in questo senso.

E per quanto riguarda la teoria dei giochi: Michele che è un insegnante di economia alla Scuola di Economia di New York, mi è venuto un po’ fuori così. Doveva essere un professore di una materia scientifica perché così doveva essere il personaggio e quello che è successo a me è quello di cui parlano sempre Dacia Maraini che Camilleri e tantissimi altri, cioè che i personaggi si formano un pochino da sé una volta che hai delineato, che hai chiaro in testa più o meno come devono essere. Io non credo che siamo dei pazzi penso che la creatività funzioni in modo tale che tu parti da un’idea, da una suggestione, da un’intenzione e sei talmente dentro alla storia che i personaggi davvero si formano da sé. Ma nel frattempo abbiamo visto, filtrato, vissuto e conosciuto perciò vai anche a pescare laddove conosci. Il problema di Michele è che io mi sono accorta che sarebbe potuto essere un professore di economia trattante la teoria dei giochi, cose che non conoscevo affatto. Per cui ho studiato il più possibile, poi naturalmente prima di mandare il libro in stampa ho fatto correggere a chi ne sapeva, sbagli grandi non ne ho fatti anche perché non sono entrata così tanto nella teoria, a parte il teorema. E si è scelta da sé perché è perfetta per Michele, appunto parla dei i rapporti con le persone affinché trovino delle strategie per cooperare e arrivare ad un risultato comune e  più decente possibile per tutti. Michele, nei 5 anni che seguono il suicidio di Mirko  non soltanto insegna dei teoria dei giochi ma ci si rifugia, trova lì il proprio perimetro, i propri appigli perché così riesce ad andare avanti, perché così riesce a sopravvivere. Perché questa teoria assomiglia abbastanza alla sua vita, ma il quinto anniversario succede una cosa che rompe gli equilibri, quindi sfalda tutto quello che è stato costruito fino a quel momento che obbliga sia Michele che Larissa a fare una scelta, a quel punto lì, tutto ciò che è teorico e gli ha salvato la pelle fino a quel momento salta . E quindi anche nel libro, mi è stato fatto notare ma non me lo ricordo francamente, che all’inizio del libro la teoria dei giochi è molto presente e poi pian piano va sfumando, proprio perché in effetti l’evoluzione di Michele fa sì che la teoria dei giochi alla fine non abbia più senso.

Come è riuscita ad approcciarsi a questa tematica tanto forte? Ha attinto alla sua esperienza personale?

E’ stato difficile perché è un dolore grande ed è una cosa che grazie al cielo non è toccata a me, se fosse toccata a me invece sarebbe stato tremendo e non so se sarei stata in grado di raccontarlo, ma dato che non è successo, ho potuto fare riferimento soltanto a quello che ho vissuto fino ad adesso, quindi alla mia esperienza, alla mia osservazione, al mio ascolto, ed è stato estremamente faticoso scrivere questo libro. Ricordo che alla presentazione del libro che ha preceduto questo  alla classica domanda se stessi scrivendo qualcos’altro, dissi di si (ed era le notti blu) e mi chiesero come fosse scriverlo ed io risposi “faticoso, è una fatica” ma davvero non riuscivo a dire altro, era incastrata in un punto della narrazione, non riuscivo ad andare avanti perché non mi rendevo tanto conto di stare entrando così tanto dentro a un tentativo dell’esplorazione dei sentimenti di questi due genitori.  Ho molto sofferto scrivendola, è stato faticoso perché a ogni passo c’era un passo dopo , c’era un livello successivo, verso l’alto, verso il basso, ogni volta che entravo nei loro dialoghi, nel loro individualismo, nella loro separazione, nell’unione  dentro al dolore, c’era qualcosa che si aggiungeva.
Si fa tesoro degli strumenti della scrittura che sono  oltre alla lettura, l’osservazione della vita, l’ascolto delle persone, la distanza perché bisogna essere anche un po’ feroci secondo me, per scrivere. Non fermarsi al pudore dell’argomento ma entrare con pudore nell’argomento, nel dolore, nella gioia, nella storia. Oggi mi è successo di avere una conversazione molto intima con una persona che mi ha regalato un segreto, e allora poi cosa fai? Lo usi  perché se scrivi della vita, se scrivi delle cose così come sono, di questo dolore o ne fai qualche uso o non fai lo scrittore.

La narrazione è disposta su tre luoghi diversi: New York, Genova e la Valle D’Aosta, come mai questi luoghi in particolare? Inoltre, sia Larissa che Michele, esprimono la perdita di Mirko in modo differente. Del tutto. Come mai ha scelto di concentrarsi prevalentemente sul dolore di Michele e non su Larissa, la madre di Mirko?

Questi 3 luoghi sono necessari perché sono i miei (la Marchelli è nata ad Aosta e vive a New York). Non ho una fortissima, sviluppatissima immaginazione, perciò non riesco a inventarmi un luogo, generalmente riesco a occuparmi di ciò che conosco. Ad un certo punto mi sono trovata nella mia vita, nella mia geografia interiore e nella scrittura a molti bivi ma soprattutto ad un blocco,  non riuscivo più ad ambientare le storie ad Aosta, perché non ci vivevo da troppo tempo, non sapevo più dove fossero i negozi, i nomi delle vie, gli odori, non vivendolo più non sapevo più riportarlo esattamente. Sono un po’ ragioniera nell’ambientazione del personaggio, devo conoscere tutto a menadito e poi magari uso un centesimo di tutto però se non ce l’ho, non riesco a scrivere. E arrivata a quel punto lì mi sono detta che non potevo ambientare solo tutto a New York, non me la sentivo, non è la mia casa, non è la mia identità, lingua e allora mi sono fermata per un pochino e poi ho capito che dovevo fare il punto con quello che avevo, nonostante questa cosa che di mescolare le mie geografie, scrivendo in italiano ma vivendo in inglese, andando avanti e indietro tra gli Stati Uniti e l’Italia, non appartenesse a nessun genere letterario riconosciuto. Sono fuori dagli schemi.
Sono uscita dal problema usando le cose che c’erano a disposizione e perciò ho scritto come soltanto posso scrivere cioè muovendomi tra questi vari territori. Inoltre generalmente quando parlo d’Italia si tratta o di memoria o di famiglia cioè quello che per me l’italia è oggi, mentre New York è il quotidiano, il lavoro. Ho formato un’identità personale e letteraria a sé che adesso è la mia cifra, non saprei fare altro.

Per quanto riguardo il punto di vista maschile, mi è sempre venuto istintivo parlare dal punto di vista maschile e può essere per varie ragioni o perché possiedo una parte di me molto maschile, che ragiona in un modo molto maschile, e quindi ho familiarità con il genere oppure il contrario cioè che prendo una tale distanza dal genere, osservo con una tale attenzione che non rischio di immedesimarmi perché ogni volta che ho tentato di scrivere dal punto di vista femminile, parlando magari di una persona della mia età sono cascata nella tentazione miserrima di parlare di me stessa, e non è un peccato parlare di sé, ma non so farlo io, mi annoio mortalmente e penso di essere estremamente noiosa mentre lo faccio. Quindi è meglio per me, se devo parlare al femminile così come ho fatto per Larissa affrontarlo dal punto di vista di una persona che non ha la vita che ho io, che è lontano da ciò che sono.

Ma passiamo a Caterina, la moglie di Mirko. Già è difficile perdere qualcuno che si ama, ma scoprire che la persona con la quale si condivideva la vita nascondeva in realtà un segreto credo sia devastante. Come è riuscita a raccontare questo personaggio che mi ha dato la sensazione fosse destinata a un ruolo di maggiore rilievo nel racconto, poi ridimensionato?

Nelle mie prime stesure del romanzo, Caterina aveva molto più spazio , ma sono stata spietata, l’ho tagliata, una grande metà. L’intenzione iniziale era di dare tre punti di vista diversi, ma poi diventava un libro corale che non ho saputo scrivere. E allora da una parte mi sono concentrata sempre di più sul punto di vista di Michele e mi è interessato sempre di più entrare nel punto di vista di un padre che perde un figlio, di un marito, di un suocero. Dall’altra parte però ho sofferto nel tagliare Caterina, mi è dispiaciuto perché è vero che meritava di più, insomma è protagonista di quel dolore tanto quanto gli altri però a me era venuta fuori livida, troppo mono dimensionale. Se dovessi riscrivere “Le notti blu” dal punto di vista di Caterina verrebbe fuori una tavola, un sentire e un pensare quasi legnoso, perché lei in quel momento della storia è ancora bloccata là, non ha fatto nessuna evoluzione, è ancora inferocita, tradita. Quindi quando ho capito che mi allontanavo dall’intento che è appunto quella della vita e non della morte, ho capito che era necessario tagliarla.

Che legge di solito Chiara? Quali sono i libri della sua vita e quali invece quelli che l’hanno accompagnata durante la stesura del romanzo?

Allora i miei libri non saprei elencarli, non so mai rispondere a questa domanda. Sono abbastanza onnivora, ho iniziato a leggere tardi per uno scrittore (secondo me) a dodici, tredici anni ma più seriamente al liceo mi sono bevuta tutti i russi, poi i francesi e gli inglesi ( i classici). Poi, dato che mi sono laureata in lingue orientali, ho avuto tutto il momento della letteratura orientale e poi ho maturato gusti sempre più contemporanei, ultimamente la Ernaux, Lucia Berlin, Marguerite Duras, Alice Munro , Roth, Hemingway, lui mi piace perché è un furibondo, un feroce. Durante la stesura de “Le notti blu” forse già leggevo la Ernaux, ma non me lo ricordo con esattezza, a furia di scrivere sono riuscita ad operare una distinzione tra quello che leggo e quello che scrivo. Ci sono degli scrittori che si rifiutano di leggere mentre scrivono perché sono come delle spugne, io divento spugna nei confronti delle cose, delle persone, dei dialoghi, di quello che posso rubare dalla vita, ma non tanto nei confronti degli scrittori. Lo divento di più quando non sto scrivendo perché sono alla ricerca di idee, cambiamenti di stile, mi piace tentare di cambiare sempre.

Cosa sono per lei Le notti blu, esistono nel suo mondo? 

Le notti blu esistono perché sono un po’ le notti di tutti no? Blu in particolare perché questo blu è un illusione, quello che noi vediamo è un’illusione, quindi è anche una metafora della vita. Quello di cui siamo assolutamente certi, molto spesso non è così, fortunatamente o no. Poi le notti se sono insonni,  sono anche mie perché a tratti soffro di insonnia. Se sono notti come quelle di Mirko in cui ci si immagina, cresce, ama, ovviamente si, secondo me le notti blu sono un po’ le notti di tutti. Poi di autobiografico in questo libro c’è pochissimo se non la sistemazione del mondo, il filtro attraverso cui scrivo. Roth dice questo: non è l’importante quello che io chiamo l’anagrafe dentro ai libri e lui  l’elemento autobiografico, vero, infatti, poco dovrebbe avere a che fare con la vita dello scrittore, dovrebbe invece avere a che fare con ciò che lo scrittore decide di raccontare quindi l’argomento che sceglie, i personaggi che abitano il libro, i meccanismi, i sentimenti, i pensieri che trasferisce dentro ai personaggi perché in qualche modo o sono i tuoi, o sono quelli che hai assorbito dagli altri, quindi io taglio sempre l’elemento autobiografico o biografico perché mi piacerebbe andare a toccare delle corde che sono universali.

Una presentazione ricca di emozioni e di spunti quella della Marchelli, una scrittrice attenta e sublime che ringraziamo per aver apprezzato e risposto alle diverse domande.

 

 

 

 

 

 

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The Gift – Rebecca Daniels

the-gift-vKINDLEC’è un mondo inesplorato nella nostra mente. Un mondo fatto di paure e angosce, dove nascondiamo ciò che non vogliamo affrontare, ciò che non vogliamo ammettere a noi stessi. Ed è in quel mondo che Katie Corfield agisce. Pian piano porta con sé i dormienti verso la luce, verso la realtà. Perché questo è il suo dono, il suo compito.

The Gift parla di Katie, una ragazza di venticinque anni che in seguito ad un incidente ha acquistato la capacità di entrare nella mente di chi è in coma per riportarlo in vita. E non è sola, con lei c’è il suo amico Matt, la sua ancora di salvezza che le impedisce di perdersi nei ricordi di chi deve essere riportato indietro.

Ma se Matt non ci fosse? Se Katie fosse sola ad affrontare i pensieri degli altri ed i suoi?

Perché non si tratta soltanto di scontrarsi con le paure degli altri, ma anche di combattere le proprie, di capire fino a quanto la mente umana possa spingersi, cosa si possa realmente fare per aggirarla.

The Gift non è un semplice thriller ma anche un modo per analizzare cosa spesso ci sia dietro un nostro comportamento, un nostro atteggiamento, cosa ci blocchi, cosa ci porti a raggirare l’ostacolo e a fermarci.

Katie dovrà affrontare una dura prova in una situazione diversa dal solito. Riuscirà a salvare Daniel, il figlio di un importante boss di Boston?

Un libro assolutamente consigliato, in cui vi perderete. La Daniels ci accompagna fin da subito con uno stile avvincente, pulito e incalzante, delineando alla perfezione personaggi ben differenti fra loro. Soffermandosi anche su temi importanti come il rapporto padre-figlio, la violenza, la rabbia, la famiglia. Quanto si è disposti a rischiare per chi si ama e quanto invece lo si fa per se stessi? Un romanzo che vi farà riflettere senza mai annoiarvi.

 

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Scheda del libro

TITOLO: The Gift (Katie Corfield – Libro I)
AUTORE: Rebecca Daniels
GENERE: Thriller Sovrannaturale
PAGINE: 240
PREZZO: 3,99 ebook 12,90 cartaceo
DATA DI USCITA: 19 giugno 2017

LINK DI ACQUISTO ebook: https://goo.gl/kLDCiG

cartaceo: https://goo.gl/iua2VQ

SINOSSI

Katie Corfield ha un dono: riesce a entrare nella mente delle persone in coma, a guidarle in sogno e infine a riportarle in vita. Con l’aiuto di Matt O’Brien, suo amico e assistente, è riuscita a salvare molte persone. La fama è però un’arma a doppio taglio e Katie lo scopre sulla sua pelle quando viene rapita dal boss Alexander Mancini. L’uomo, incurante delle guerre tra clan che stanno dividendo Boston, ha il solo obiettivo di salvare il figlio Daniel, caduto in coma dopo un tentato omicidio. Mentre Katie è costretta a intervenire da sola in una situazione in cui fallire equivale a morire, Matt cercherà in tutti i modi di raggiungerla nel disperato tentativo di salvarle la vita. Rischiando di perdere se stessa nei violenti ricordi di Daniel Mancini, Katie scoprirà che l’aggressore del giovane è molto più vicino di quanto creda.

L’AUTRICE
Rebecca Daniels nasce e vive a Boston, dove lavora in un’azienda farmaceutica. The Gift è il suo primo romanzo.

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Salone Internazionale del libro Torino – 2017


Buongiorno a tutti, siamo qui in questo articolo di gruppo per parlarvi della nostra esperienza al SalTo di quest’anno! Io (Lydia) sono andata venerdì 19 maggio 2017. E’ stata una bella esperienza, vissuta anche l’anno scorso. I padiglioni erano ricchi di stand tra i più disparati, dalle case editrici minori, a quelle grandi, dagli stand dedicati alle regioni e alle forze armate a quelli di tema vario. Ho iniziato il mio giro notando subito uno stand a tema Potteriano che vendeva magliette di Harry Potter, delle case, dei doni della morte, dello stemma di Hogwarts, ma purtroppo la mia indecisione ha fatto sì che dalla mattina ho acquistato la maglietta di Corvonero solo nel pomeriggio (mannaggia al non saper scegliere :P). Dal punto di vista degli acquisti di libri, dal momento che chi mi conosce sa che compro libri praticamente tutti i mesi, ho optato per acquistare solo titoli che mi colpissero tanto, infatti ho preso dallo stand di Libraccio (siano santificati i libri usati) “Jane e la disgrazia di Lady Scargrave”  di Stephanie Barron e dallo stand Neri Pozza “Ritratti di artista” di Susan Vreeland, approfittando dello sconto del 20% sui libri della collana Beat. Pochi acquisti quindi, ma, come si suol dire, pochi ma buoni!Ho avuto modo di vedere tanti libri e di respirare l’aria che piace a me. Nel tardo pomeriggio poi ho avuto modo di farmi fare l’autografo alla copia nuova (comprata apposta per l’occasione) di “Oceano mare” da Alessandro Baricco, dopo l’evento in cui dialogava con Jan Brokken alle 17.30. Ho concluso la mia giornata con grande soddisfazione, con una shopper e un quadernino di Appunti magici regalati e con la voglia di prenotare già i voli per il prossimo anno! Unica pecca di questo Salone?I prezzi esorbitanti del cibo!!! 5,50€ per un Hot Dog e 3,50€ per una coca cola..mi ci potevo comprare un altro libro!:P  Ah..e non dimentichiamoci della simpatia della Littizzetto che ci ha concesso un selfie! -favole94

Per me invece (Ilaria) questo è stato il primo Salone. Non riesco realmente a spiegare la sensazione di emozione che ho provato entrando in fiera. Già fuori dalla metropolitana, mi sono sentita battere forte il cuore, poi in fila per convertire l’accredito, ho realizzato che ero lì, con il pass stampa, vicino al mio mondo. Perché per chi ama i libri, la carta, le copertine, la lettura, ciò che c’è dietro, il Salone è il Paradiso. Un Paradiso unico. Ho potuto trascorrere lì ben 3 giorni, venerdì, sabato e parte della domenica, e ho passato gran parte del tempo a gironzolare tra i vari stand. Conoscere autori, dialogare con chi lavora, scoprire le novità, è stato per me il massimo. Ho avuto il piacere di poter conoscere Chiara Marchelli, finalista al Premio Strega con le Notti Blu, una persona bellissima e disponibile, la cui presentazione è stata interessante e mi ha incoraggiata a voler lavorare in questo piccolo grande mondo. Ma non solo, ho potuto ricevere uno splendido disegno da Mirka Andolfo, autrice di Contro Natura, conoscere Emily Witt, autrice di Future Sex, edito da Minimum Fax.
I miei acquisiti sono stati molti e ho dovuto cercare di contenere le mie finanze. Ho scoperto, tra l’altro, anche piccole case editrici con delle piccole chicche, come la Eris edizioni, che ha pubblicato Challenger di Guillem Lopez (ovviamente acquistato!) e Racconti edizioni, con un catalogo troppo interessante da cui ho scelto Famiglie Ombra di Mia Alvar. Assolutamente da menzionare, Liberaria (casa editrice barese) per la calorosa accoglienza, la gentilezza e i titoli magnifici in catalogo.
Questo Salone è stato travolgente, il tempo è volato velocemente e purtroppo non ho potuto dedicarmi a molti eventi; ho preferito assaporare la scoperta della prima volta, di girare tra i vari espositori, di godermi l’eccitazione trasmessa dal momento. Sicuramente un’esperienza da rivivere che consiglio anche voi, se come me, amate anche solo annusare la carta stampata! – ilariamoruso

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Per me (Nicole) quello di quest’anno è stato il primo salone al quale io abbia partecipato, perciò potete ben capire che mi sono spesso sentita sopraffatta da tutta quell’abbondanza di libri!

Sono arrivata a Torino giovedì sera e ho iniziato a godere del SalTo dal venerdì mattina. La sensazione meravigliosa e a tratti destabilizzante del sentirsi parte di un mondo che fino a poco tempo prima sembrava così distante, ha reso questa esperienza indimenticabile e ovviamente oggi, a solo una settimana di distanza, mi ritrovo a sperare che quest’anno passi velocemente solo per poterla rivivere.

Ho avuto modo di vagare con sguardo sognante per i vari padiglioni, bramando ogni titolo sul quale posavo gli occhi ed esaltandomi come una bambina alla vista delle nuove edizioni di una delle mie case editrici preferite, la Minimum Fax.

Sembrerà scontato, ma la parte più emozionante è stata il poter parlare con i responsabili degli stand che, per la Neri Pozza in particolare e per la Minimum, si sono rivelati gentili, preparati e disposti a consigliare proprio come farebbe il libraio di fiducia sotto casa, mossi solo dalla passione per i libri e per il loro lavoro. Gli acquisti sono stati tanti, come vedrete, perché ho deciso di partire e di farmi del male, per tornare poi senza rimpianti.

Uno fra gli incontri più belli: quello con Chiara Marchelli autrice de Le Notti Blu, libro che io e Ilaria presenteremo a giugno e candidato al Premio Strega; disponibile, genuina e appassionata nel parlare del suo romanzo.

E poi la fila per Zerocalcare, che mi ha portato via tutte le energie rimaste ma è valsa una dedica, Simona Binni alla Tunué col suo Silverwood Lake, Guillem López con Challenger alla Eris, Emily Witt alla Minimum, Saviano e Mauro Corona visti di sfuggita, Anna Giurickovic Dato autrice de La figlia femmina alla Fazi, la Littizzetto che ci ha concesso una foto di gruppo, lo stand dedicato a Harry Potter… ma soprattutto i libri, meravigliosi nella loro imponenza.

Non posso che consigliare a tutti voi di prenotare già i biglietti per il prossimo anno! Spero che le nostre impressioni vi siano piaciute e servite a farvi respirare l’aria del Lingotto almeno un po’. Per quelli di voi che ci sono stati, siamo curiose: condividete con noi le vostre impressioni!

Nicole

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Giulio Perrone, intervista all’autore

Noi di Leggendo a Bari abbiamo avuto la possibilità di incontrare, al “Caffè d’arte Dolceamaro” di Bari, lo scrittore ed editore Giulio Perrone che ha presentato il suo nuovo libro Consigli pratici per uccidere mia suocera edito da Rizzoli.  Un evento davvero interessante, una chiacchierata con l’autore, moderata da Maria Grazia Rongo, in cui abbiamo potuto conoscere meglio il suo lavoro, il suo scritto, il percorso che lo ha portato a questo.
In questo romanzo Perrone narra le vicende di Leo, dipendente di una casa editrice diretta da un personaggio alquanto singolare, Enea, che assilla i suoi collaboratori affinché trovino, al suo posto, l’espediente giusto per far si che la suocera muoia alla fine del libro che sta scrivendo.

Leo non ha concluso nulla nella sua vita, un po’ come suo padre, Dustin, un personaggio macchietta, arricchito dalle sue stravaganti storie. In bilico tra la sua ex moglie, ora amante, e la sua compagna. E ancora una volta non sa scegliere.

Con questo romanzo, Perrone si focalizza su un genere diverso rispetto a quello del suo primo lavoro, L’esatto contrario, ma rimane ben saldo sull’usare un personaggio maschile perché è il punto di vista di un uomo quello che gli interessava far uscire fino in fondo.  Uomini che però qui sembrano essere meno forti a decidere della loro vita rispetto alle donne, ovvero Annalisa e Marta.

Un incontro con Perrone per conoscere un romanzo sui rapporti amorosi, lavorativi, tra padre e figlio, sulla scelta e sulla risoluzione della vita. Riuscirà Leo, un artista della fuga, a smettere di correre?

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Maria Grazia Rongo e Giulio Perrone durante l’incontro del 4 maggio al “Caffé d’arte Dolceamaro” a Bari

A fine presentazione, inoltre, abbiamo avuto l’opportunità di scambiare due chiacchere con l’autore dando vita ad una piccola intervista che qui vi riportiamo.

L’ambiente editoriale può essere ostico così come si legge nel suo libro? Personaggi come Enea esistono realmente in questo mondo che noi lettori tendiamo a mitizzare?

Diciamo che Enea Ranieri Malosi è un editore piuttosto sui generis e per fortuna non direi che esistano degli editori esattamente uguali a lui. Mi sono divertito a raccogliere nel suo personaggio un po’ tutte le follie, le fissazioni e i tic degli editori che conosco, me compreso. Detto questo l’ambiente in cui ormai mi muovo e lavoro da più di dieci anni è sicuramente complesso e ricco di sfaccettature anche ostiche a volte. Penso tuttavia che continui ad essere, quello che faccio, il lavoro più bello e sicuramente appassionante del mondo.

Dustin è una figura paterna un po’ particolare ma molto attuale, com’è avvenuta la creazione di questo personaggio? Perché ha deciso di inserire questo personaggio controverso nella già problematica vita del protagonista?

Il rapporto padre-figlio è qualcosa che mi interessa e per certi versi ossessiona da sempre. Non in quanto abbia avuto un padre come Dustin per fortuna ma perché credo che si tratti di uno degli snodi fondamentali della vita di una persona e soprattutto di un uomo. Il protagonista soffre di una profonda crisi e precarietà emotiva che viene alimentata da tanti fattori, compreso questo padre, prima del tutto assente, e poi così incredibilmente presente nella sua vita ma non nel ruolo che gli spetterebbe. Penso che un ragazzo non ancora diventato uomo come Leo non potesse non avere un padre tipo Dustin.

E’ stato difficile immergersi nel focus di Leo e provare a trasmettere le emozioni e i sentimenti di questo personaggio, comprese le difficoltà sia lavorative che sentimentali? Si ritiene soddisfatto del lavoro fatto o ha qualche “rimpianto”, magari di qualcosa che ha preferito omettere al momento ma di cui poi si è pentito?

Devo dire che nonostante la mia vita sia un po’ distante da quella di Leo, non ho fatto fatica ad immedesimarmi come del resto mi hanno confessato molti lettori uomini. Questo perché al di là delle contingenze di vita, le sue preoccupazioni, i suoi cedimenti, la sua fragilità fa parte forse di molti di noi in modo diverso. Viviamo un periodo in cui sicuramente i quarantenni non brillano per fermezza e decisione. Stiamo attraversando un periodo di transizione all’interno di una società che continua a cambiare e ci rende sempre meno sicuri di tutto quello che ci circonda.

Durante la presentazione si è accennato al suo precedente lavoro, “L’esatto contrario” che, a differenza di questo nuovo lavoro, è un giallo a tutti gli effetti. Ha già spiegato come il protagonista, Riccardo, abbia esaurito tutto quello che aveva da dire e che, per questo, non ha sentito la necessità di creare un altro romanzo. Nella sua decisione può aver influito la “paura” di essere poi etichettato come autore di genere e di non riuscire più ad uscirne? E quanto è stato difficile passare da un registro all’altro in fase di scrittura del nuovo libro?

Devo dire che non mi sono posto il problema del genere o del rimanere etichettato perché credo (anche da editore) che sia necessario andare oltre questi ragionamenti e pensare solo agli scrittori e ai libri. Detto questo sicuramente la storia di Leo non poteva in alcun modo presupporre una trama noir. Si trattava di una storia molto diversa anche se ravvedo molti punti di continuità tra i due libri nello stile e nel tono della narrazione. Anche se questo, nel bene e nel male, lo sento molto più mio come autore.

Andando un po’ più sulla sfera personale, lei passa da essere il direttore della Giulio Perrone Editore ad essere semplicemente Giulio Perrone, autore per Rizzoli. E’ difficile il passaggio tra le due condizioni? E, soprattutto, le due attività sono facilmente conciliabili?

Secondo me sono due rette parallele o almeno io le vedo così. La scrittura è uno spazio che mi piace tenere molto distante dalla mia attività di editore che è il vero lavoro, quello che faccio quotidianamente e che continua ad appassionarmi. Sono due ruoli molto distanti per responsabilità e impegno ma anche per quello che possono darti in termini di emozione. La cosa che li accomuna credo sia la dedizione e l’amore verso le storie. Da raccontare o da pubblicare.

Scommettiamo che tutti i lettori si stanno ponendo la stessa domanda: come ha preso sua suocera il titolo del libro?

Inizialmente con un po’ di disappunto, ma poi si è divertita a leggerlo prima di tutto perché parliamo di un libro profondamente ironico e poi perché i consigli che Leo dà sono davvero di difficile attuazione…

Tornando al suo ruolo di editore, sappiamo che avete fortemente voluto e presentato al Premio Strega il libro di Chiara Marchelli “Le notti blu”. A tal proposito è stato indetto, per il 15 giugno 2017, il Gruppo Lettura Day che vedrà coinvolti numerosi GdL in tutta Italia, tra cui il nostro di Leggendo a Bari. Lei cosa pensa dei gruppi lettura? Li considera una realtà in grado di rilanciare la lettura in Italia?

Sono una straordinaria risorsa perché alimentano la passione dei lettori forti. Anche noi come casa editrice da settembre ne abbiamo creato uno presso la nostra sede che ospita ogni mese autori di altre realtà editoriale. Un’esperienza davvero straordinaria. Quello che spero è che piano piano si possano attrarre anche lettori meno forti magari con grandi iniziative come il Gruppo Lettura Day che tendono ad unire realtà operanti in luoghi diversi. Credo infatti che un coordinamento dei circoli di lettura possa essere assolutamente vincente.

Come chiusura di questa intervista le chiediamo: è più divertente essere Giulio Perrone lo scrittore o Giulio Perrone l’editore?

Credo sia più divertente fare lo scrittore perché si sente meno responsabilità. Ti devi preoccupare solo di te stesso, mentre da editore hai il grande onere, che è anche un onore, di difendere, supportare, far crescere i tuoi autori. Come per il libro di Chiara Marchelli che speriamo si faccia strada il più possibile al premio Strega.

Ringraziamo ancora Giulio Perrone per l’interessante incontro e per la sua immensa disponibilità.

Autrici: dolcedany84ilariamorusoNicoleZoi