Voce del mare di Natasha Bowen è un romanzo che affronta tantissime tematiche. Classificato come fantasy si presenta come un intrecciarsi di storie: quella del popolo africano che viene rapito per essere venduto come schiavo; quella delle divinità del pantheon mitologico africano, affastellato da orisha e creature mitiche, tra cui le Mami Wata; quella fiabesca della sirenetta, qui riproposta rivisitata.
Simidele è una Mami Wata da poco tempo, è stata creata dall’orisha Yemoja, creatura forte e meravigliosa, che serve il potente Olodumare benedicendo e raccogliendo le anime di chi spira in mare. Simidele è giovane, è diventata parte del mare dimenticando quasi tutta la sua vita precedente, ma quando è sulla terraferma, dove la sua coda da sirena muta in due gambe coperte da una veste rosa e dorata, sprazzi di ricordi le tornano alla mente.
Inizia a ricordare due occhi, quelli di sua madre e non riesce a staccarsi del tutto dalla malinconia che le portano queste memorie lontane. Un giorno durante i suoi viaggi nell’oceano vede il corpo ferito e incatenato di un ragazzo con la pelle color cioccolato come la sua: uno schiavo buttato in mare da una nave di schiavisti. Simidele è pronta a raccogliere la sua anima, pregando per il suo trapasso e viaggio verso Olodumare, ma, quando sta per premere lo zaffiro che porta al collo, il ragazzo apre gli occhi. Simidele non può lasciarlo morire in mare senza fare nulla e decide nell’impeto del momento di salvarlo e portarlo sulla terraferma, sull’isola di Yemoja, dove consegna ogni settimo giorno le anime raccolte.
Kola quando apre gli occhi e torna in sè guarda con sgomento, paura e diffidenza Simidele: conosce le leggende su Yemoja e le Mami Wata e ne ha paura. Kola vuole tornare al suo villaggio, per tornare dalla sua famiglia che nasconde un grande segreto. Simidele affronta l’ira di Yemoja, inconsapevole che il suo gesto di salvezza ha innescato una serie di eventi che potrebbero portare alla distruzione delle creature come lei e forse di qualcun altro. Così Simidele e Kola si mettono in viaggio per sistemare il guaio che hanno creato, Simidele parte con un avvertimento della grande dea: non potrà cedere in alcun modo all’amore per un umano, perché se lo facesse morirebbe e diverrebbe schiuma di mare.
In questo romanzo anche piuttosto breve (sono circa 240 pagine) abbiamo tante cose, tante tematiche. Siamo nel XV secolo, sono iniziate le colonizzazioni, gli uomini che arrivano da lontano traggono in inganno le popolazioni africane per creare dissidi e lotte e riuscire così a comprare e poi vendere i prigionieri come schiavi. Vengono descritti i rapimenti, le torture, le ferite sul corpo, le aberrazioni e le sofferenze di coloro che spesso trovano la morte in mare. Il tutto si intreccia alla leggenda, al folklore fantastico di una mitologia ricca di creature del mare, divinità egoiste e mutevoli, sirene, folletti. Tutto ciò si mescola con una missione di salvataggio che diventa missione per la vita. E Simidele dovrà imparare a fidarsi di alcuni umani e di altri no, si legherà sempre di più a Kola, rischiando grossissimo pur di portare a termine il compito che si è imposta.
Lo stile può risultare disturbante per le scene descritte in alcuni punti, così come le tante informazioni presenti nelle pagine portano il lettore a non avere un ritmo veloce ma piuttosto lento, per certi versi pesante. Si rimane affascinati da ciò che Natasha Bowen ha creato, le avventure si susseguono una dopo l’altra e l’intreccio della storia mantiene alta la tensione. Riusciranno Simidele, Kola e tutti i personaggi che li accompagnano a sistemare tutto? Simidele si innamorerà di Kola condannandosi a morte certa?
Editore: Mondadori
Pagine: 243
Prezzo: 19,90€
Voto: 7/10