Pastorale Americana-Philip Roth

Quando ti trovi a dover parlare di un libro che ti ha colpita, stordita, rapita e lasciata senza parole, non sai bene da dove cominciare. Partire raccontando la trama sembra troppo scontato, esprimere senza filtri le proprie impressioni sembra eccessivo e inadeguato, e allora fissi il foglio bianco come in trance sperando che le parole vengano fuori da sole, coerenti e precise pronte ad esprimere al meglio ciò che si è provato durante la lettura.
Pastorale Americana è questo. Premio Pulitzer nel ’97, opera mastodontica, divisa in tre parti, il Paradiso Ricordato, la Caduta e il Paradiso Perduto che richiama nell’analisi della caduta di un uomo, di un sogno, di un’idea il Paradiso di miltoniana memoria; opera cruda e amara come lo è la vita in ogni sua sfaccettatura.

La storia raccontata dall’ormai noto alter ego di Roth, lo scrittore Zuckerman, è quella di Seymour Levov, “lo Svedese”, ebreo emblema del sogno americano, atleta promettente poi uomo d’affari realizzato, a capo dell’azienda di guanti di famiglia, sembra avere tutto dalla vita.

“Ma lo spirito o l’ironia, per un ragazzo come lo Svedese, sono solo intoppi al suo passo spedito: l’ironia è una consolazione della quale non hai proprio bisogno quando tutti ti considerano un dio. C’era tutto un lato della sua personalità che lo Svedese nascondeva, o questa cosa era ancora un embrione o, più verosimilmente, mancava. Il suo distacco, la sua apparente passività come oggetto di desiderio di tutto questo amore asessuato, lo facevano apparire, se non divino, di molte spanne al di sopra della primordiale umanità di quasi tutti gli altri frequentatori della scuola.”

Con il matrimonio poi fra lui e Dawn, Miss New Jersey, donna bellissima, cattolica e grande lavoratrice, e la successiva nascita della figlia Merry, l’apice della realizzazione personale sembra raggiunto. Eppure la perfezione e la felicità sono utopie, miraggi non destinati a concretizzarsi e presto anche i Levov lo capiranno nel peggiore dei modi.

La famiglia si sfalderà con estrema rapidità e il punto di rottura sarà lo scoppio della guerra in Vietnam. Le immagini del conflitto avranno un effetto devastante sulla mente della giovane Meredith, ragazzina adolescente, balbuziente, intelligente, che nonostante l’affetto della famiglia che cerca in tutti i modi di aiutarla e sostenerla, svilupperà un atteggiamento estremamente conflittuale nei confronti dei genitori.

Contraria alla guerra, considera le idee democratiche e anti fasciste della sua famiglia non sufficienti e decide di portare letteralmente la guerra in casa.

Andare a New York e organizzarsi con altri studenti per manifestare la sua insofferenza, le sembra il giusto modo di esprimere le sue idee anti capitaliste.

“Oh, lo so che non ti senti responsabile della guerra: p-per questo devo andare a New York. P-p-pepperchè là la gente si sente responsabile. Si sente responsabile quando l’America fa sa-saltare in aria i villaggi vietnamiti. Si sente responsabile quando l’America fa a pezzi i b-bambini p-p-pipipiccoli. Tu no, invece, e la mamma nemmeno. Non te ne importa abbastanza da lasciarti turbare un solo giorno della tua esistenza. A te non importa abbastanza per farti p-passare un’altra notte in qualche posto. Tu non stai sveglio la notte a p-pensarci su. In un modo o nell’altro, papà, te ne importa po-po-poco.”

Ma è nella sua Old Rimock che avverrà il peggio, l’atto che segnerà la disgregazione dell’aura di perfezione che avvolge lo Svedese e la sua borghese famiglia, l’atto terroristico all’ufficio postale concepito e messo in pratica da Merry come gesto estremo contro la guerra, i pregiudizi razziali, l’imperialismo, e il “sistema America” in generale.
Questa bomba esploderà con forza incontenibile, verrà distrutto Seymour in toto, portandolo alla piena disperazione. Non saprà darsi pace, cercherà sempre e solo di trovare una spiegazione al gesto della figlia: come può una ragazzina dal futuro brillantemente programmato, agire così? Rovinare tutto per un ideale malato, distorto?

“La verità era quella che aveva sempre saputo: anche senza l’aiuto di un tentatore, tutto ciò che di rabbioso Merry aveva dentro era venuto a galla. Era un essere senza paura, che non si lasciava intimidire, questa bambina che per la sua maestra aveva scritto non, come gli altri scolari, che la vita era un bel dono, una grande occasione, un nobile tentativo e una grazia di Dio, ma che era solo un breve periodo di tempo in cui eri vivo. Sì, la responsabilità era tutta sua. Doveva essere così. Il suo antagonismo non aveva esitato davanti all’omicidio. Altrimenti la conseguenza non sarebbe stata questa pazzesca tranquillità.”

In questo dramma familiare, per quanto portato all’esasperazione, esagerato, stirato, ci si può riconoscere tutti.

Il dramma della presa di coscienza che l’idilliaca vita perfetta, fatta dal duro lavoro, dalla costituzione di una famiglia felice e compatta, si incrina al minimo problema, al più piccolo e apparentemente lontano elemento di fastidio, rompendo il quadro dipinto in anni di fatica con la facilità con cui si rompe un bicchiere di cristallo.

Le continue domande, le turbe interiori di Levov troveranno una riposta nelle parole del fratello medico Jerry, che a mio avviso, esprimono al meglio il significato del romanzo: come il sogno di realizzazione, di autodeterminazione e la conseguente soddisfazione siano solo un velo di menzogne; attirano e convincono fino a quando la superficialità che le nutre non inizia a corrodere a fondo, nell’anima, nella coscienza, finché dell’essere umano che ne era permeato non resta che un cumulo di macerie.

“Volevi Miss America? Beh, l’hai avuta, altroché: è tua figlia! Volevi essere un vero campione americano, un vero marine americano, un vero magnate americano con una bella pupattola cristiana appesa al braccio? Volevi appartenere come tutti gli altri agli Stati Uniti d’America? Beh, ora gli appartieni, ragazzone, grazie a tua figlia. Ce l’hai in culo, adesso, la realtà di questo paese. Con l’aiuto di tua figlia sei nella merda fin dove è possibile sprofondarci, vera merda, fantastica merda Americana. L’America pazza furiosa! In preda a furore omicida! (…) Se tu fossi un padre che ama sua figlia non l’avresti mai lasciata in quella stanza! Non l’avresti mai persa di vista!”

L’America di Roth è questo, all’apparenza dorata ma profondamente marcia.
Se amate i libri che non vi fanno andare a dormire leggeri, ma che vi lasciano un peso sullo stomaco, quei libri che non vedi l’ora di leggere ma che allo stesso tempo non vuoi finire perché senti che fanno già troppo parte di te, Pastorale fa per voi.

“Sì, siamo soli, profondamente soli, e in serbo per noi, sempre, c’è uno strato di solitudine ancora più profondo. No, la solitudine non dovrebbe stupirci, per sorprendente che possa essere farne l’esperienza. Puoi cercare di tirar fuori tutto quello che hai dentro, ma allora non sarai altro che questo: vuoto e solo anziché pieno e solo.”

Sperando che prima o poi questo fenomenale autore vinca il Nobel, vi lascio al trailer del film che uscirà a breve nelle sale.

https://youtu.be/SAAqiO_Z9Vs

Scheda libro

Casa editrice: Einaudi
Numero pagine: 458
Prezzo: 14 euro

5 risposte a "Pastorale Americana-Philip Roth"

  1. Avevi paura di non trovare le parole adatte. Invece sono io quella che è rimasta senza parole (e senza fiato, se è per questo!).
    Hai espresso a meraviglia tutta la monumentalità e la ruvidezza di questo romanzo, di cui conoscevo il titolo, ma assolutamente nulla della trama. Mentre cerco di riprendermi, aggiungo Philip Roth agli autori da leggere.

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    • Oh grazie!! Troppo gentile:) Sono davvero felice di aver contribuito a stimolare la tua curiosità verso un autore che reputo davvero meraviglioso! Leggilo e non te ne pentirai! 😉

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